Alterazioni neuropsicologiche
nei disturbi dell’alimentazione
paolo meneguzzo1, elena tenconi1,2, enrico collantoni1,
valentina meregalli1,2, angela favaro1,2
1. Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova
2. Padova Neuroscienze Center, Università di Padova



RIASSUNTO
L’evidenza che i trattamenti per i disturbi dell’alimentazione ad oggi esistenti siano solo parzialmente efficaci rende necessaria l’individuazione di nuovi fattori eziologici o di mantenimento su cui poter agire.
Negli ultimi anni, si è assistito ad un crescente interesse nei confronti delle alterazioni cognitive riscontrate nelle pazienti con disturbi dell’alimentazione, poiché si pensa possano contribuire allo sviluppo e al mantenimento del disturbo.
Gli studi condotti con pazienti con anoressia nervosa hanno evidenziato come esse presentino bias attentivi nei confronti di stimoli inerenti al disturbo, ridotta velocità psicomotoria, inflessibilità cognitiva, eccessiva attenzione ai dettagli, difficoltà nel prendere decisioni e nel comprendere gli stati emotivi e mentali altrui e difficoltà nel rievocare eventi di vita specifici. Alcune di queste alterazioni, come la ridotta velocità psicomotoria, lo stile decisionale e i deficit di mentalizzazione, sembrano essere legate al sottopeso e migliorano con il recupero di peso. Altre invece, in particolare l’inflessibilità cognitiva e la mancanza di coerenza centrale, potrebbero essere considerati endofenotipi del disturbo, in quanto tendono ad essere presenti anche in parenti di primo grado non affetti dal disturbo e in pazienti che sono guarite dal disturbo dell’alimentazione.
Sulle pazienti con bulimia nervosa e disturbo da binge-eating sono stati condotti ad oggi un numero minore di studi. Questi studi mostrano come, mentre alcune delle caratteristiche cognitive riscontrate nelle pazienti con anoressia nervosa come l’inflessibilità cognitiva e la difficoltà a riconoscere le proprie emozioni siano transdiagnostiche, altre sono peculiari e specifiche di ciascuna diagnosi.
Lo scopo dell’articolo è quindi quello di riassumere le evidenze emerse nella letteratura allo scopo di consolidare i dati già noti e identificare le future aree di ricerca nell’ambito neuropsicologico dei disturbi dell’alimentazione.
Parole chiave: disturbi dell’alimentazione, neuropsicologia, anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da binge-eating, attenzione, mentalizzazione, coerenza centrale, abilità decisionali, flessibilità cognitiva, memoria autobiografica.


SUMMARY
Neuropsychological alterations in eating disorders
The existing treatments for eating disorders are only partially effective, and the complete characterization of etiological and maintenance factors is a priority of future research. In recent years, there has been a growing interest in neuropsychological characteristics of patients with eating disorders, as they are thought to contribute to the development and maintenance of the disorder.
Studies conducted with patients with anorexia nervosa have shown the presence of an attentional bias towards stimuli inherent to the disorder, as well as a reduced psychomotor speed, and the presence of cognitive inflexibility, excessive attention to detail, difficulties in decision-making, in recalling specific life events, and in understanding emotional and mental states of others. Some of these alterations, such as reduced psychomotor speed, decision-making style, and mentalization deficits, appear to be linked to the underweight status and tend to improve after weight recovery. Others, in particular cognitive inflexibility and lack of central coherence, could be considered endophenotypes of the disorder, as they tend to be present in first-degree relatives not affected by the disorder and in patients who have recovered from the eating disorder.
Fewer studies have been conducted to date on patients with bulimia nervosa and binge eating disorder. These studies show how some specific neuropsychological features, such as cognitive inflexibility and difficulty in recognizing one’s emotions, that could be considered transdiagnostic characteristics, while others are unique and specific to each diagnosis.
Therefore, the purpose of the article is to summarize the evidence that emerged in the literature in order to consolidate the data already known and identify future research areas in the neuropsychological field of eating disorders.
Key words: eating disorders, neuropsychology, anorexia nervosa, bulimia nervosa, binge eating disorder, attention, mentalization, central coherence, decision making, cognitive flexibility, autobiographic memory.


introduzione
I disturbi dell’alimentazione (DA) sono patologie psichiatriche gravi, che insorgono tipicamente durante l’adolescenza e che possono compromettere le traiettorie di sviluppo, la qualità della vita e il funzionamento interpersonale degli individui che ne sono affetti.1-5 I trattamenti ad oggi disponibili sono solo parzialmente efficaci, e risulta quindi fondamentale identificare gli elementi che possono contribuire allo sviluppo e al mantenimento del disturbo stesso.6,7 Negli ultimi anni, si è assistito ad un crescente interesse nei confronti della valutazione neuropsicologica delle pazienti con DA, con lo scopo di identificare possibili fattori di rischio o di mantenimento su cui poter agire.8 La valutazione neuropsicologica esamina il rapporto tra le funzioni mentali e i comportamenti degli individui attraverso l’utilizzo di test quantitativi, costruiti con lo scopo di isolare specifiche funzioni cognitive, emotive, senso-motorie o percettive.8 Nella clinica, la valutazione neuropsicologica è comunemente utilizzata a supporto della valutazione psicopatologica, con lo scopo di documentare possibili caratteristiche cognitive legate alla diagnosi nosografica, o per valutare gli effetti specifici degli interventi terapeutici su tali funzioni.
Per quanto riguarda l’anoressia nervosa (AN), il profilo psicologico delle pazienti, caratterizzato da estrema rigidità, perfezionismo clinico e tratti ossessivo-compulsivi spesso pervasivi del funzionamento, ha portato nel corso degli anni ad una valutazione sempre più dettagliata delle funzioni cognitive di queste pazienti, allo scopo di evidenziare possibili alterazioni funzionali a livello del sistema nervoso centrale e di identificare specifici target terapeutici.9 Negli ultimi anni, si è passati dall’idea che le alterazioni cognitive osservate nelle pazienti con AN fossero legate solo alla malnutrizione e al sottopeso, alla consapevolezza che alcune di queste caratteristiche cognitive possono essere considerate endofenotipi della malattia, come confermato dal fatto che tali alterazioni sono spesso osservate anche dopo la remissione della sintomatologia specifica e nelle sorelle non affette delle pazienti con AN.10 
Più recentemente, gli studi di neuropsicologia si sono interessati anche di pazienti con bulimia nervosa (BN) e con disturbo da binge-eating (BED). Tali studi hanno identificato caratteristiche cognitive condivise, che rafforzano una visione transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione (DA), ma hanno anche evidenziato le peculiarità cognitive dei diversi gruppi diagnostici.5,11 In questa prospettiva, interessante è stata ad esempio l’identificazione di una maggiore compromissione delle abilità decisionali nelle pazienti con BN con una precedente storia di AN, rispetto alle pazienti senza sottopeso precedente, con importanti ripercussioni cliniche e di ricerca.12
Considerando quindi quanto emerso nella letteratura ad oggi, lo scopo di questa revisione narrativa della letteratura è quello di riportare le principali evidenze scientifiche riguardo alle alterazioni neuropsicologiche riscontrate nei DA, evidenziando lo stato dell’arte della ricerca internazionale, le caratteristiche neuropsicologiche specifiche e comuni dei diversi DA, identificando infine possibili risvolti clinici.


attenzione, spostamento attentivo e velocità di risposta
L’attenzione e lo spostamento attentivo possono essere definiti come la capacità dell’individuo di selezionare, tra i molti stimoli ambientali disponibili in ogni momento, quali processare e quali ignorare in modo selettivo. I pazienti che soffrono di un disturbo psichiatrico presentano spesso bias attentivi e tendono quindi a focalizzare la propria attenzione o ad evitare selettivamente su, stimoli associati alla propria malattia, motivo per cui questa caratteristica cognitiva si pensa possa contribuire allo sviluppo ed al mantenimento di un disturbo.
Nei DA, i bias attentivi sono stati indagati con diversi strumenti (stroop task, dot-probe task, task di ricerca visiva, eye-tracking task) e diversi stimoli (immagini di cibo, di corpi, di volti, parole), arrivando a formulare anche un modello di mantenimento del DA legato all’incremento dell’ansia e alla difficoltà a gestirla.13 Sebbene i risultati di questi studi siano spesso contrastanti, sembra che le pazienti con DA presentino bias attentivi o di evitamento nei confronti di stimoli riferibili a cibo, corpo e peso, con differenze legate alla diagnosi specifica.14 Si è inoltre visto che i figli delle pazienti con AN e con BN presentano alterazioni delle abilità di attenzione, suggerendo la presenza di una vulnerabilità ereditabile.15
Guardando invece alla velocità di esecuzione dei task, i dati sembrano concordare sull’effetto specifico del sottopeso nel rallentamento psicomotorio delle pazienti con AN, con un recupero parziale delle prestazioni dopo il recupero ponderale.16 Nelle pazienti con AN si è riscontrata inoltre la presenza di una compromissione delle abilità di inibire la risposta, e questa difficoltà si è visto essere legata al sistema serotoninergico e ad un’alterata connettività nel network ventrale dell’attenzione.17 Nei pazienti con BED, il peso è stato identificato come un fattore discriminante rispetto alla velocità di esecuzione, con un incremento del tempo necessario a completare i task nei pazienti sovrappeso.18 Inoltre, una recente metanalisi della letteratura riporta come i pazienti con DA, senza distinzione diagnostica, siano leggermente più lenti dei controlli sani a completare i task con una componente decisionale.19 


flessibilità cognitiva
La flessibilità cognitiva è definita come la capacità di modificare il proprio comportamento e pensiero in relazione ad un cambiamento delle richieste ambientali, in modo da adattarsi efficacemente ad un nuovo scenario. La maggior parte degli studi presenti in letteratura riporta la presenza di una compromissione della flessibilità cognitiva nelle pazienti adulte con AN, sia nella fase acuta della malattia, sia dopo il recupero di peso.20 Questo risultato, insieme all’evidenza che la gravità del disturbo, misurata tramite BMI e durata di malattia, non possa spiegare il profilo di inflessibilità cognitiva osservato nelle pazienti, suggerisce che tale inflessibilità può rappresentare una caratteristica di tratto delle pazienti con AN.21 Inoltre, deficit nella flessibilità cognitiva, misurati tramite il Wisconsin Card Sorting Test, sono stati osservati anche nelle sorelle sane di pazienti con AN, rappresentando quindi un possibile tratto endofenotipico della malattia, che andrebbe preso in considerazione nel trattamento dei fattori causali e di mantenimento del disturbo.22,23 Per quanto riguarda le pazienti con AN adolescenti, gli studi condotti finora non hanno invece evidenziato differenze tra pazienti e controlli sani nella flessibilità cognitiva.20,24 Infine, una recente metanalisi della letteratura25 ha evidenziato come le pazienti con AN di lunga durata presentino un’inflessibilità cognitiva più grave delle pazienti con breve durata di malattia, con un profilo cognitivo (considerando anche le difficoltà nel riconoscimento emotivo e nella coerenza centrale) simile a quello dei pazienti dello spettro autistico.
Per quanto riguarda le pazienti con BN, gli studi hanno registrato la presenza di difficoltà nella flessibilità cognitiva rispetto ai controlli sani, mostrando anche come una storia di sottopeso abbia un ulteriore effetto negativo sulla performance.12,26
Anche se con un minor numero di studi, anche i pazienti con BED hanno dimostrato una maggiore inflessibilità cognitiva rispetto ai controlli sani,27 confermando l’ipotesi che si possa parlare dell’inflessibilità cognitiva come di una caratteristica dei DA in generale.


abilità visuo-spaziali e coerenza centrale
Le abilità visuo-spaziali sono capacità cognitive che permettono al soggetto di interagire con l’ambiente circostante, sono implicate nella stima delle relazioni spaziali tra gli oggetti, e permettono la rappresentazione e la manipolazione mentale delle immagini.
Tra le abilità visuospaziali, la coerenza centrale, ovvero la capacità di cogliere l’essenziale e la globalità di un tutto a partire da una serie di dettagli, sembra essere alterata nelle pazienti con DA. Il test più utilizzato per la valutazione della coerenza centrale è il test della Figura Complessa di Rey, nel quale viene chiesto ai partecipanti di copiare e poi riprodurre a memoria una figura complessa. Gli studi condotti finora mostrano che le pazienti con AN, sia adulte che adolescenti, presentano una maggiore attenzione ai dettagli ed un minor indice di coerenza centrale rispetto ai controlli sani.23,26,28 Alcuni studi hanno osservato un ridotto indice di coerenza centrale anche in pazienti guarite dall’AN e nelle sorelle non affette dal disturbo, mentre altri studi riportano un miglioramento di questa caratteristica.9 Non è chiaro quindi se si possa definire un tratto oppure una alterazione in parte influenzata dalla malnutrizione o dal sottopeso.
Per quanto riguarda le pazienti con BN, sebbene alcuni studi non abbiano riportato differenze tra pazienti e controlli sani,12 altri studi hanno riscontrato in esse una difficoltà nelle abilità di coerenza centrale simile a quella delle pazienti con AN, evidenziando la possibile natura transdiagnostica dell’attenzione ai dettagli.26,29,30
I pochi studi condotti finora con pazienti affetti da BED non hanno invece riportato differenze tra pazienti e controlli sani per quanto riguarda la coerenza centrale27 ma hanno evidenziato in queste pazienti una difficoltà nel copiare accuratamente l’immagine e nella memoria visuo-spaziale.27 
I dati di neuroimaging sono coerenti con i dati neuropsicologici in quanto hanno dimostrato come vi sia, nelle pazienti con AN in fase acuta e a peso recuperato, una alterazione sia funzionale31 che strutturale32 della connessione tra i circuiti somatosensoriali e visuo-spaziali. Dati preliminari hanno inoltre evidenziato alterazioni strutturali a livello delle aree corticali deputate all’integrazione visuo-spaziale anche in esse.33 Un elemento emerso in una recente revisione sistematica sulla coerenza centrale nei DA è la necessità di indirizzare i futuri passi della ricerca sui risvolti che i deficit neuropsicologici hanno sulla vita quotidiana delle pazienti, allo scopo di identificare degli elementi che possano rivelarsi utili nell’aggancio terapeutico.34


abilità decisionali
L’abilità decisionale (o decision making) è la capacità di scegliere l’alternativa più vantaggiosa in base ad un processo mentale che può essere breve o lungo, semplice o complesso, emozionale o no. Implica un comportamento intenzionale, slegato però dalla risoluzione stessa del problema.
I pazienti affetti da un DA, indipendentemente dalla diagnosi specifica, sembrano essere caratterizzati da una ridotta abilità a compiere decisioni funzionali e vantaggiose35 una caratteristica che può avere effetti negativi anche sull’esito del trattamento.36 Tuttavia, sembra che fattori diversi sottendano alle difficoltà decisionali riscontrate nei diversi gruppi di pazienti. In particolare, si ipotizza che le difficoltà decisionali riscontrate nelle pazienti con AN siano dovute ad un deficit di memoria, mentre quelle riscontrate nelle pazienti con BN siano dovute ad un’alterata sensibilità alla gratificazione e alla punizione.37 
Sebbene le difficoltà decisionali riscontrate nelle pazienti con AN sembrino avere una base genetica ereditabile,23,38 alcuni studi hanno mostrato come nelle pazienti con una remissione completa della sintomatologia la performance nei task di abilità decisionale sia sovrapponibile a quella dei controlli sani.22 
Rispetto allo stile cognitivo utilizzato, dalla letteratura emerge che le pazienti con BN e BED tendono a compiere scelte più impulsive, prediligendo ricompense alte anche se gravate da maggior rischio di perdita, purché ottenute immediatamente, mentre le pazienti con AN, soprattutto nella fase acuta di malattia, tendono a prediligere scelte perseveranti o condizionate dalla paura di sbagliare, indipendentemente dalle gratificazioni.39,40 Una tendenza che non è stata invece riscontrata nelle pazienti con AN a peso41 e che sembra essere connessa allo stato di sottopeso e alle modifiche metabolico-ormonali che esso comporta.42 


mentalizzazione
La mentalizzazione è una competenza immaginativa metacognitiva che permette al soggetto di percepire ed interpretare i comportamenti e gli stati d’animo altrui. Nei pazienti con DA si sono osservati deficit nel riconoscimento delle emozioni proprie e altrui e nella teoria della mente (TOM), l’abilità cioè di attribuire stati d’animo alle altre persone.43
La difficoltà nel riconoscere gli stati emotivi altrui sembra essere particolarmente presente nelle pazienti con AN in fase acuta di malattia,44 ma è stata osservata anche in pazienti guarite dall’AN e in pazienti con BN.45 Per quanto riguarda la capacità di comprendere gli stati mentali altrui, il deficit sembra essere presente nelle pazienti con AN, ma non nelle pazienti con BN (Bora & Köse, 2016)44 e studi longitudinali hanno dimostrato come vi sia un certo grado di miglioramento con il recupero di peso e la guarigione.46
Per quanto riguarda invece il riconoscimento delle proprie emozioni, studi con diversa metodologia hanno evidenziato come tutto lo spettro dei DA possa presentare difficoltà nel comprendere le proprie emozioni e i loro cambiamenti.47-50 
I deficit di mentalizzazione qui descritti sono stati riscontrati anche in parenti di primo grado di pazienti con AN non affetti dal disturbo51 e sembrano essere correlati ai deficit di coerenza centrale spesso osservati in pazienti con DA.52 


memoria autobiografica
La memoria autobiografica rappresenta la capacità di richiamare eventi o episodi di vita specifici, integrando e organizzando elementi del proprio passato nella costruzione della propria identità.
Nei DA la memoria autobiografica è ancora poco studiata, anche se potrebbe costituire un elemento importante nel mantenimento dei sintomi, soprattutto considerando il legame esistente tra un deficit di ricordi positivi e la gestione delle emozioni.53 Dagli studi condotti finora è emerso che le pazienti con AN riportano, rispetto ai controlli sani, un maggior numero di memorie “generali”, cioè di ricordi senza specifici connotati temporali e spaziali, e un minor numero di ricordi episodici specifici.54,55 Questa caratteristica cognitiva sembra essere presente anche dopo un trattamento semi-intensivo con recupero ponderale,56 dimostrando come nell’AN la memoria autobiografica possa essere seriamente compromessa e richieda lo sviluppo di interventi specifici per aiutare le pazienti a sviluppare tale abilità.
Questa difficoltà a ricordare specifici eventi della propria vita sembra essere condivisa anche dalle pazienti con BN,57 mentre non sono ancora presenti dati riguardanti i pazienti con BED.


conclusioni
In conclusione, nei DA sono riscontrabili diverse modifiche del profilo neuropsicologico, che in alcuni casi sono state identificate come dei possibili endofenotipi della patologia stessa, con evidenti ripercussioni dal punto di vista clinico. Le alterazioni delle funzioni cognitive, come le difficoltà a prendere decisioni, l’inflessibilità cognitiva, la scarsa coerenza centrale, insieme alle difficoltà di teoria della mente, potrebbero fungere da fattore di mantenimento del DA, con un impatto sulla motivazione al trattamento, sull’aggancio terapeutico, e aumentando la resistenza al cambiamento. Per questo motivo, negli ultimi anni si sono sperimentate tecniche di psicoterapia focalizzate sul miglioramento di specifiche alterazioni neuropsicologiche, a supporto dei trattamenti attualmente consigliati. Due esempi sono la Cognitive Remediation Therapy (CRT) e la Cognitive Remediation and Emotion Skills Training (CREST), che sono state affiancate alla terapia cognitivo-comportamentale con lo scopo di allenare le pazienti a riconoscere e modificare le difficoltà legate alle funzioni cognitive e alla TOM.58-60


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