Aggiornamento sulla clinica del gioco

d’azzardo patologico al tempo del Covid-19

stefano pallanti1,2, alice coco english2

1. Albert Einstein College of Medicine and Montefiore Medical Center, New York, USA

2. INS Istituto di Neuroscienze, Firenze


RIASSUNTO

Il disturbo da gioco d’azzardo è una dipendenza comportamentale che compromette le vite di centinaia di migliaia di persone al mondo. Qui vengono riportate ed analizzate le sue caratteristiche, come la sua sintomatologia, sia i fattori epidemiologici che di vulnerabilità i quali possono predisporre al suo sviluppo, mettendo in luce il disturbo in relazione alla situazione che globalmente stiamo affrontando. La pandemia e l’infezione da Covid-19, come sappiamo, non solo compromettono la salute fisica e mentale di chi ne è affetto, ma hanno anche costretto i governi a istituire restrizioni e lockdown per contenere la diffusione del virus, portando la popolazione generale ad un alto livello di stress. Sono già stati osservati peggioramenti della salute psicologica, come aumenti nei disturbi dell’umore; qui riportiamo una serie di studi che indagano l’effetto della pandemia sul comportamento di gioco d’azzardo in diversi Paesi del mondo, focalizzandoci particolarmente sullo studio recente di Salerno e Pallanti condotto sulla popolazione italiana. Abbiamo ritenuto, inoltre, opportuno discutere di altre dipendenze sia comportamentali che da sostanze le quali a loro volta hanno risentito della pandemia, con dei dati preoccupanti. Incoraggiamo infatti prontezza nel saper gestire e meglio trattare questi disturbi, proponendo vari generi di interventi, ma anche investendo nella prevenzione.

Parole chiave: disturbo da gioco d’azzardo, Covid-19, pandemia, dipendenze, salute mentale.


SUMMARY

Update on the pathological gambling clinic at the time of Covid-19

Gambling disorder is a behavioral addiction that affects the lives of hundreds of thousands of people worldwide. Here we describe and analyze its characteristics, such as its symptomatology, both the epidemiological and vulnerability factors that may predispose to its development, highlighting the relation between the disorder and the situation we are globally facing. The Covid-19 pandemic and infection, as we know, not only compromise the physical and mental health of those affected, but have also forced governments to impose restrictions and lockdowns to contain the spread of the virus, thereby bringing the general population to a high level of stress. Deteriorations in psychological health, such as increases in mood disorders, have already been observed, and here we report a number of studies that investigate the effect of the pandemic on gambling behavior in different countries around the world, focusing particularly on the recent study by Salerno and Pallanti on the Italian population. We thought it would be appropriate to discuss other addictions, both behavioral and substance abuse, which have also been affected by the pandemic and found some concerning data. Indeed, we encourage promptness in knowing how to manage and better treat these disorders, proposing various types of interventions, but also to invest in prevention.

Key words: gambling disorder, Covid-19, pandemic, addictions, mental health.


il disturbo da gioco d’azzardo

Tra le numerose modifiche adotatte dal DSM-5, vi è stata la riclassificazione del disturbo del gioco d’azzardo dai “disturbi del controllo degli impulsi non altrimenti specificati” ai “disturbi non correlati a sostanze”. Siamo dunque da uno spettro caratterizzato dallo scarso controllo degli impulsi, che comprendeva anche il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), allo spettro delle dipendenze e, sebbene vi siano delle somiglianze con il DOC,1 sono cresciute le evidenze secondo le quali il disturbo da gioco d’azzardo è molto più simile, sia fenotipicamente che genotipicamente, ai disturbi da uso di sostanze.2,3 Infatti, in linea con tale riclassificazione, secondo l’approccio della Research Domain Criteria (RDoC) che facilita l’identificazione dei fattori neurobiologici dei disturbi,4 gli individui affetti da disturbo da gioco d’azzardo manifestano deficit specifici sia nel dominio dei “sistemi di valenza positiva” che nei “sistemi cognitivi”, specialmente quelli riguardanti il controllo cognitivo”.5

Il DSM-5 definisce il disturbo da gioco d’azzardo come un comportamento problematico persistente o ricorrente legato al gioco che provoca disagio clinicamente significativo.6 Un individuo mostra tipicamente una serie di caratteristiche, che dovrebbero persistere per un periodo di almeno 12 mesi, quali: necessità di giocare una somma crescente di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata, preoccupazione continua riguardo al gioco, sforzi ripetuti a ridurre o interrompere il gioco, irritabilità nel caso di riduzione del gioco, incapacità di smettere di giocare d’azzardo e, spesso, dopo numerose perdite, tendenza comunque a tornare a giocare per riguadagnare il denaro perso.6 In base al numero di criteri soddisfatti, il disturbo può essere categorizzato in base a tre livelli di gravità, da lieve a moderata a grave. D’altronde, il gioco d’azzardo è un’attività molto diffusa in cui si cimentano numerose persone, molte delle quali possono giocare solo un giorno al casinò nella loro vita o comprare un gratta e vinci senza necessariamente sviluppare un problema. Vi sono poi individui che soddisfano due o tre dei criteri diagnostici, rientrando nella categoria di soggetti a rischio, e il cui disturbo potrebbe peggiorare qualora non si intervenisse prontamente. Per cui, si può porre il gioco d’azzardo su una specie di ‘spettro’ o ‘continuum’ (figura 1), partendo da quei giocatori prettamente ricreativi, a un secondo gruppo di giocatori definibili come “problematici”, per arrivare infine al terzo gruppo, quello di soggetti che soffrono di un vero e proprio disturbo da gioco d’azzardo patologico.7




I soggetti problematici e patologici mostrano compromissioni della vita a causa della dipendenza dal gioco, elevata impulsività, frequente comorbilità con altri disturbi psichiatrici, e compromissioni dei processi decisionali.7 Tuttavia la caratteristica del ‘chasing’, ossia la tendenza a rincorrere le perdite, è prettamente associabile ai giocatori problematici rispetto ai ricreativi, mentre i giocatori patologici sono maggiormente caratterizzati dalla tendenza ad avere più perdite in termini di rapporti sociali e di finanze, come anche maggiori problematiche relative all’incapacità di frenare gli impulsi.7


epidemiologia

Una review sistematica del 20168 ha stimato che la prevalenza del disturbo da gioco d’azzardo in diversi Paesi del mondo variava dallo 0,12% al 5,8% durante l’anno precedente all’indagine, mentre in Europa dallo 0,12% al 3,4%. Tuttavia queste prevalenze andrebbero viste in relazione ai criteri diagnostici utilizzati, e potrebbero essere sottostimate rispetto all’incidenza reale, prendendo in considerazione la proporzione di individui che sono subclinici e non considerati effettivamente a rischio. Vi possono essere variazioni a seconda del campione di popolazione selezionato: tra gli universitari è stata trovata una prevalenza del 7,89%,9 in una selezione di giovani transgender e gender diverse (TGD) è stato riscontrato un maggior coinvolgimento nei comportamenti di gioco e di gioco d’azzardo problematico rispetto ai coetanei cisgender, specialmente nei giovani TGD assegnati maschi alla nascita.10 Infine vi sono evidenze secondo cui il problema del gioco è comunemente più prevalente nei maschi che nelle femmine, più comune in individui di colore e ispanici, e in proporzione minore negli status socio-economici più alti.11 Un ulteriore fattore importante relativo a questo disturbo è l’alto tasso di comorbilità con altri disturbi psichiatrici,12 infatti è stata riscontrata frequentemente la dipendenza da nicotina, seguita dal disturbo da uso di sostanze, disturbi dell’umore e disturbi d’ansia.


eziologia

È difficile identificare tutte le variabili che possono contribuire allo sviluppo del disturbo da gioco d’azzardo, e che possono essere di natura biologica, psicologica e ambientale.13 Possono avere un ruolo anche i fattori genetici, come osservatosi in studi condotti su gemelli,14 come anche ipotesi relative alla genetica molecolare che propongono il possibile ruolo dopaminergico,15 noradrenergico16 e serotoninergico.17,18 Per quanto concerne la risposta noradrenergica, si è riscontrata una sensibilità molto ridotta dei recettori a-2 post-sinaptici, probabilmente attribuibile alla secrezione noradrenergica superiore al normale in soggetti con un disturbo da gioco d’azzardo.16 Il ruolo serotoninergico, specialmente correlato alla fase iniziale di euforia legata al comportamento di gioco, è stato dimostrato a seguito dell’uso di meta clorofenilpipezina (m-CPP), ossia un agonista non selettivo dei recettori della serotonina con grande affinità per i recettori 5-HT2A/2C, che ha provocato una risposta aumentata della prolattina al m-CPP nei soggetti con un disturbo da gioco d’azzardo rispetto ai non giocatori, e la gravità del gioco era correlato alla reattività neuroendocrina al m-CPP.17 Allo stesso modo si è riscontrata una risposta ridotta della prolattina a seguito della somministrazione di sumatriptan, che conferma una probabile disfunzione serotoninergica nei giocatori d’azzardo, simile a quella riportata negli alcolisti.18

Vi sono studi che vanno ad indagare la neurobiologia, attraverso la fMRI, esaminando l’attività cerebrale in risposta a stimoli correlati al gioco. Questi hanno riscontrato come nei soggetti con un disturbo da gioco d’azzardo il desiderio di giocare porti a una attivazione maggiore dell’insula bilaterale e dello striato ventrale, ma a una diminuzione della connettività tra lo striato ventrale e la corteccia prefrontale mediale, e fondamentalmente una maggiore attivazione dei circuiti legati alla ricompensa, come d’altronde si è osservato nei soggetti con dipendenza da sostanze.19 In soggetti con disturbo da gioco d’azzardo si sono inoltre riscontrate riduzioni dell’attivazione ventrale striatale e prefrontale ventromediale,20 con differenze che correlavano negativamente con la gravità del disturbo. Sono state identificate differenze a livello strutturale tra i giocatori e i non giocatori d’azzardo, per esempio in termini di materia grigia e riduzioni della materia bianca in soggetti con gioco d’azzardo patologico.21 Sono state anche riscontrate maggiori proporzioni di materia grigia nello striato ventrale destro, nella corteccia prefrontale destra e ipertrofia della corteccia prefrontale,22 una minore integrità della materia bianca nel corpo calloso, il cingolo, il fascicolo longitudinale superiore, il fascicolo inferiore fronto-occipitale, l’arto anteriore della capsula interna, la radiazione talamica anteriore, il fascicolo longitudinale inferiore e l’uncinato/inferiore fronto-occipitale,23 infine anche diminuzioni volumetriche dell’ippocampo sinistro e dell’amigdala destra.24

Blaszczynski e Nower25 hanno proposto un modello, tra i tanti, che identifica vari sottotipi di giocatori d’azzardo problematici, che possono essere o compromessi dal punto di vista comportamentale, o emotivamente vulnerabili e infine quei giocatori antisociali e impulsivi. Questo in quanto fondamentalmente è difficile raggruppare tutti i giocatori problematici in una unica popolazione con caratteristiche omogenee. Tuttavia, tutti questi sottogruppi risentono di quelle che sono le condizioni ambientali, come la mera accessibilità al gioco, oppure meccanismi di condizionamento o processi cognitivi che contribuiscono allo sviluppo di un comportamento di gioco definibile come problematico. D’altronde, è stato notato come i differenti tipi di giocatori tendono a preferire diverse modalità di gioco, come per esempio i giocatori impulsivi che sembrano preferire il gioco d’azzardo sportivo e la corsa di cavalli.26 L’impulsività è un fattore importante che contribuisce allo sviluppo del problema di gioco. Infatti, già diversi studi hanno riscontrato una notevole prevalenza di disturbi da gioco d’azzardo nella popolazione adolescenziale,27,28 ipotizzando che questo sia dovuto a uno scarso controllo degli impulsi come anche a una tendenza ad effettuare più rischi. L’impulsività, come tratto, può influenzare la reazione allo stress acuto, come dimostrato da Canale et al.29 che hanno verificato come gli studenti universitari manchevoli di perseveranza, in quanto specifica componente dell’impulsività, in condizioni di stress acuto o ambiguità, avessero difficoltà ad incorporare un nuovo feedback nelle decisioni. Come anche, in un campione italiano,30 è stato concluso che l’impulsività gioca un ruolo fondamentale nell’instaurarsi e nel mantenersi del gioco d’azzardo problematico.

Volberg et al.31 hanno definito più a rischio di sviluppare un comportamento di gioco problematico quegli individui che si trovano in una condizione di svantaggio ed emarginazione, per esempio in conseguenza di cambiamenti economici internazionali (nel caso specifico si tratta della Svezia, e dello smantellamento del sistema di welfare svedese). Nonostante la scarsità di ricerche al riguardo, un fattore situazionale che può creare vulnerabilità e portare l’individuo al problema del gioco d’azzardo è la crisi economica globale. Infatti, già studi condotti in Grecia32,33 e in Islanda34 hanno rilevato un effetto della crisi finanziaria sul comportamento di gioco, così come sull’esacerbazione di problemi di gioco.


gioco d’azzardo e covid-19

La pandemia Covid-19 ha portato a un drastico cambiamento della quotidianità, dal lockdown al “social distancing”, dai limiti agli spostamenti alle perdite economiche e ovviamente affettive. Generalmente essa ha causato un forte stress in tutti gli ambiti di vita dell’individuo. Non solo, la pandemia ha avuto un effetto drastico sulla salute mentale, portando a un peggioramento di disturbi psichiatrici pre-esistenti e contribuendo all’aumento delle incidenze di depressione, ansia, e disturbi di panico.35-37

In tali circostanze, quando ormai si è in un contesto psicologicamente ed economicamente poco favorevole per un periodo consistente di tempo, l’individuo si può ritrovare ad adottare comportamenti più rischiosi. Come illustrato da Kahneman e Tversky38 (figura 2), nel tentativo di spiegare alcune incoerenze di scelte decisionali, quando una persona ha un accumulo di perdite o si trova in una situazione poco favorevole o definibile come ‘a rischio’, può essere paradossalmente incline a rischiare sempre di più, sfociando in comportamenti disadattivi. Il lockdown, in questo senso, e relativamente al problema del gioco, ha creato nuovi giocatori d’azzardo, ma ha anche fatto perseverare i giocatori problematici. O meglio, il giocatore d’azzardo, essendo già predisposto al rischio, tende a essere più suscettibile alle perdite rispetto ai guadagni, per cui anche quella remota possibilità di avere la grande vincita lo porta a tentare di nuovo la sorte giocando un’altra mano a carte, facendo un’altra scommessa sportiva e così via.




Infatti già diversi studi hanno riportato un aumento significativo di comportamenti di gioco nella popolazione generale, specialmente in determinate tipologie di gioco. Håkansson39 ha condotto uno studio, basato su un sondaggio online, che ha riscontrato un netto aumento di comportamenti di gioco in soggetti già vulnerabili al gioco d’azzardo problematico, come anche un aumento dell’abuso di alcolici negli stessi soggetti. L’aumento del gioco è stato registrato prevalentemente sulle piattaforme online, sulle scommesse ippiche e le lotterie online, mentre per le scommesse sportive, per ovvie ragioni dovute alla cancellazione della grande maggioranza degli eventi sportivi nel periodo pandemico, è stato notato invece un netto calo. D’altronde, quei giocatori che, nonostante l’annullamento degli eventi sportivi, hanno comunque perseverato nel comportamento di gioco su queste piattaforme riportavano una maggiore gravità di problema di gioco, come anche maggiori difficoltà economiche.40 In un ulteriore studio pilota, un campione di 26 giocatori d’azzardo, dopo 2 settimane dall’inizio del lockdown, ha riportato sia un peggioramento del gioco, sia una significativa proporzione di ansia e depressione.41 Sempre in linea con questi risultati, uno studio42 ha rilevato, di nuovo su un campione svedese, una diminuzione dell’attività di gioco totale pari al 13,29%, durante il primo periodo della pandemia, ma, nonostante tale diminuzione, che prendeva in analisi tutte le forme di gioco d’azzardo, anche un leggero incremento nell’uso dei casinò online. In Canada,43 invece, sono stati analizzati tramite un sondaggio online il comportamento e la motivazione a giocare durante le prime sei settimane di emergenza pandemica. Anche in questo caso, i giocatori d’azzardo già vulnerabili e problematici erano più propensi a cimentarsi nel gioco online. Inoltre, analizzando i fattori predittivi, vi erano ansia e depressione, riduzione del carico di lavoro, uso di cannabis o alcolici durante il gioco, così come la tendenza soggettiva ad usare il gioco come mezzo per alleviare nervosismo e depressione, ma anche di possibile guadagno durante il lockdown. Un ulteriore studio nell’UK44 ha trovato che il 64% dei giocatori d’azzardo che hanno giocato almeno 3 volte nelle 4 settimane precedenti ha nettamente aumentato sia la durata che le somme coinvolte nel gioco. Infine, Bonny-Noach e Gold45 hanno trovato che l’11% del campione della loro indagine ha riferito una partecipazione attiva al gioco d’azzardo online in misura elevata e molto elevata, rispetto al solo 2% precedente lo scoppio della pandemia.

È interessante notare come le entrate fiscali degli enti di gioco d’azzardo autorizzato siano diminuite durante il periodo di marzo e febbraio 2020,46 mentre i casinò online, dopo un iniziale calo a marzo, si sono mantenuti stabili fino a giugno. Infatti, anche le entrate fiscali confermano l’ipotesi per cui gli scommettitori ippici abbiano avuto un netto aumento nel periodo pandemico per poi assestarsi successivamente. Per cui, nonostante il blocco degli eventi sportivi, con conseguente scarsità di opportunità di gioco, le entrate delle piattaforme di gioco d’azzardo online sono rimaste stabili, confermando l’importante ruolo che ha l’accessibilità di una modalità di gioco, per cui gli individui non potendo scommettere in un certo ambito, si sono indirizzati su altri.

Salerno e Pallanti47 hanno voluto indagare l’impatto del lockdown e dell’isolamento sociale sul comportamento di gioco in un campione di individui italiani. L’Italia è stata tra le prime nazioni in Europa ed essere colpita dal Covid-19, che si è diffuso molto rapidamente costringendo le autorità governative ad istituire un lockdown, non solo per proteggere le persone, soprattutto le più vulnerabili, ma anche per dare tempo e modo agli ospedali di riorganizzare le risorse ed evitare il sovraffollamento. In Italia il periodo di isolamento è iniziato il 9 marzo, concludendosi il 18 maggio, e l’inizio della indagine è stato 2 settimane dopo l’avvio del lockdown. Gli autori hanno condotto una indagine web, senza ricompensa, rivolta a un campione di popolazione generale maggiorenne italiana reclutata tramite gruppi facebook, social media e pagine informative sulla situazione italiana legata al Covid-19. Le variabili socio-demografiche del loro campione includevano età, sesso e impiego. Il sondaggio iniziava con una breve spiegazione su ciò che viene considerato “gioco d’azzardo” e sui vari canali tramite i quali un individuo può giocare somme di denaro (siti di scommesse, casinò, giochi di poker, lotterie, bingo, slot machine e lotterie istantanee). Successivamente veniva chiesto a ogni intervistato se avesse utilizzato questi canali negli ultimi 3 anni oppure se avesse iniziato a farne uso dopo l’inizio del lockdown. In base alle risposte, i soggetti intervistati sono stati classificati come “giocatori d’azzardo cronici” se conformavano maggiormente con i criteri indicati dal DSM-5,6 “nuovi giocatori” se riferivano di aver iniziato durante il periodo di isolamento, “non giocatori” se dichiaravano di non aver mai utilizzato questi canali di gioco.

La gravità del gioco d’azzardo patologico nell’ultima settimana è stata valutata, come questionario online auto-somministrato, dalla Pathological Gambling Adaptation of Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale (PG-YBOCS)48 (tabella I). Questo strumento valuta gli impulsi e pensieri legati al gioco, come anche le componenti comportamentali del disturbo.





Mentre per misurare lo stress percepito è stata utilizzata la Perceived Stress Scale (PSS)49 e per la valutazione dei sintomi psicologici e del benessere è stata usata la forma settimanale del Symptom Questionnaire (SQ).50 Alla fine, 316 soggetti hanno potuto visualizzare il sondaggio dopo aver ricevuto le informazioni dello studio, ma solo 281 hanno dato il loro consenso a partecipare. Di questi, 27 hanno lasciato il sondaggio incompleto e quindi sono stati esclusi dall’analisi, con un campione finale pertanto di 254 soggetti, di cui 112 maschi e 142 femmine.

Secondo il punteggio totale PG-YBOCS, il gioco d’azzardo patologico è stato riscontrato nel 23,6% del campione, di questo l’88,3% era di sesso maschile e in questa percentuale il 20,9% è stato definito come “cronico”, riferendo infatti di aver giocato d’azzardo in modo problematico in passato e anche attualmente. Il 2,8% non ha riferito di aver giocato d’azzardo in passato ma solo nell’ultima settimana, rappresentando quindi soggetti definiti come “nuovi giocatori” (figura 3).




È stata riscontrata una differenza significativa tra i gruppi (non giocatori, cronici e nuovi giocatori), con una forte prevalenza femminile tra i non giocatori, mentre i giocatori cronici erano prevalentemente di sesso maschile e i nuovi giocatori tutti maschi. Questi risultati sono in linea con le evidenze secondo cui le persone di sesso maschile hanno almeno la probabilità doppia o tripla di aver un disturbo da gioco d’azzardo rispetto alle donne;51 tuttavia negli ultimi anni la proporzione sta cambiando per via dell’aumento dei giocatori di sesso femminile sulle piattaforme online.52 Per quanto riguarda l’occupazione, il 30,7% del campione totale era composto da studenti, seguiti da


operatori sanitari e infine persone che lavorano nel campo del supporto amministrativo. I nuovi giocatori d’azzardo erano per lo più disoccupati o proprietari d’azienda. Interessante è che tra i giocatori cronici erano maggiormente presenti proprietari d’azienda, poi lavoratori nel campo del supporto amministrativo, persone disoccupate e infine lavoratori del settore della produzione.

È importante considerare che durante il periodo del lockdown, le attività che hanno risentito maggiormente dell’emergenza e subìto di più le conseguenze economiche sono state quelle della ristorazione, della ricezione e del settore turistico, con la grave preoccupazione, durante tutto il periodo, di non poter più sostenere i costi di gestione della loro attività e di non poter successivamente riaprire. Nel campione dello studio,47 è stato riscontrato un importante numero di proprietari di ristoranti/nightclub, attività al dettaglio e agenzie di viaggio, e due su cinque dei nuovi giocatori erano proprietari di attività simili. Un ulteriore fattore rilevante è che i giocatori d’azzardo cronici e i nuovi giocatori hanno ottenuto punteggi significativamente più alti per quanto riguarda stress percepito, ansia, depressione, somatizzazione, ostilità e distress rispetto alle persone che non hanno mai giocato. Questi risultati sono in linea con la tendenza ad avvicinarsi o a ricorrere al gioco d’azzardo come strumento per far fronte alle emozioni negative in persone con livelli elavati di disagio psicologico; oltre a riscontrarsi una maggiore probabilità di problemi in più ambiti di vita, tra cui atteggiamenti di ostilità e aggressività,53 come anche una minore abilità nella gestione del denaro. A questo proposito una caratteristica tipica dei giocatori d’azzardo, nonché criterio diagnostico,6 è la tendenza al ‘chasing’ per cui alla perdita di una quantità significativa di denaro si risponde tornando a giocare per recuperare le perdite. Inoltre i giocatori d’azzardo tendono a nascondere il loro coinvolgimento nel gioco ricorrendo a prestiti o aiuti finanziari per far fronte ai debiti accumulati, e generalmente hanno una scarsa abilità nel gestire responsabilmente il denaro, denaro che rappresenta per il giocatore un elemento molto importante in quanto i soldi vinti identificano il proprio successo nel gioco.54 È stato osservato, infatti, come i giocatori d’azzardo, quando giocano per soldi e non per una ricompensa fittizia come i punti, mostrano una maggiore attivazione limbica e sensoriale,55 fatto che conferma quanto la ricompensa monetaria giochi un ruolo fondamentale nello sviluppo del disturbo. Questa caratteristica, in un periodo come quello pandemico, può creare un pericoloso circolo vizioso per cui una persona, già in condizioni di difficoltà finanziarie, può provare a porre rimedio ricorrendo al gioco, peggiorando potenzialmente la propria condizione economica e aumentando il proprio distress, che cerca di alleviare tornando a giocare.

Nel considerare i risultati ottenuti, vanno tenute presenti alcune limitazioni di questo studio.47 Innanzitutto, si tratta di un sondaggio web anonimo che non ha permesso di raccogliere dati più approfonditi, come invece avrebbe potuto una intervista in presenza (modalità d’altronde non consentita dalle restrizioni dovute alla pandemia). Inoltre, non sono stati usati strumenti di screening, come per esempio il SOGS,56 e non sono stati presi in considerazione fattori di vulnerabilità psicologica pre-esistenti, problemi clinici, come le malattie croniche che rendono i soggetti più a rischio di Covid grave, o condizioni psichiatriche comorbili come i disturbi da uso di sostanze. Non sono nemmeno state raccolte informazioni sulla composizione della famiglia e la presenza di bambini che, nel periodo del lockdown non avendo la possibilità di andare a scuola, sono anch’essi rimasti a casa aumentando potenzialmente i livelli di stress familiare. Infine, avendo reclutato i soggetti dello studio tramite social media e altri canali, questi potrebbero non riflettere le caratteristiche e i risultati del “mondo reale”.

Concludendo, i risultati dello studio47 mostrano che nel periodo analizzato, il 23,6% del campione, prevalenza sicuramente più elevata rispetto a quella solitamente riportata nella popolazione generale prima della pandemia Covid-19, ha sofferto di un disturbo da gioco d’azzardo. Di questa percentuale una grande prevalenza era di sesso maschile (88,3%) e molti di loro erano disoccupati o proprietari di un’attività. Questo studio ha riportato risultati coerenti con quelli ottenuti da Håkansson39 e precedentemente discussi, sebbene non si possa ancora concludere se l’aumento della prevalenza sia dovuto alle preoccupazioni economiche o semplicemente al desiderio di occupare il tempo durante i mesi di isolamento in casa; d’altronde, come avvenuto in Grecia32,33 e in Islanda,34 sembra che le crisi economiche e finanziarie abbiano evidentemente conseguenze sul comportamento di gioco, portando all’aggravarsi del problema.

Andrebbe tenuto presente che durante il periodo del lockdown, per ovvi motivi, il gioco d’azzardo online è diventata la modalità di gioco più diffusa. Tuttavia, essa comporta dei rischi per l’immediatezza, l’accessibilità e la facilità di utilizzo,57 e non avvalendosi inoltre di uno scambio di denaro fisico ma di carte di credito altera la percezione della quantità di denaro giocato. In Svezia, i casinò online sono tra quelli più comunemente utilizzati; essi vengono pubblicizzati anche in televisione58 cosa che potrebbe contribuire all’incremento dei giocatori d’azzardo problematici. Håkansson e Widinghoff59 hanno riscontrato non solo una alta prevalenza di giocatori d’azzardo online problematici ma anche dei tassi importanti di sovraindebitamento, passato e presente, in associazione con disturbi legati all’uso di alcolici o altri disturbi di tipo psichico e psicologico. Tuttavia, sebbene il gioco d’azzardo online rappresenti un grave problema, gli utilizzatori sono più propensi a richiedere un trattamento e una terapia.60


interventi

Solitamente chi chiede aiuto presenta problemi di gioco più gravi, ma anche un maggiore insight, o pressioni da parte di familiari.61 Il trattamento proposto varia anche a seconda delle comorbilità presenti che frequentemente includono ADHD, disturbo bipolare o abuso di sostanze che, tra l’altro, possono alterare la risposta alla terapia.62 Pur tuttavia si può ricorrere sia a terapie farmacologiche che a psicoterapia. Tra le prime, sebbene si possano utilizzare stabilizzanti dell’umore, dopaminergici o SSRI, la letteratura indica gli antagonisti degli oppiacei come una delle migliori soluzioni per contenere i comportamenti di gioco problematici. Comunque, stabilizzanti dell’umore e combinazioni di topiramato e psicoterapia,63 oppure la memantina – che agisce sul sistema glutamatergico64 – o infine anche il litio e valproato hanno mostrato una significativa efficacia.65 Il topiramato, tra l’altro, ha una buona efficacia in quei giocatori d’azzardo in cui predomina l’impulsività.66 D’altronde anche le terapie cognitivo-comportamentali non vanno escluse, per la loro discrete efficacia nella gestione dei disturbi da gioco d’azzardo, così come le terapie di gruppo.67 Oggi, d’altro canto,viste le restrizioni dovute alla pandemia, i trattamenti in presenza sono poco praticabili, ragion per cui andrebbero prese in considerazione modalità terapeutiche da remoto e online. Negli adulti la terapia cognitiva comportamentale basata su internet (ICBT) sembra promettente nel trattamento di vari disturbi clinici, tra i quali i più comuni sono i disturbi dell’umore, sebbene risulti efficace anche per soggetti affetti da gioco d’azzardo patologico.68

Date le numerose ricerche condotte sulle basi neurobiologiche del disturbo da gioco d’azzardo, si possono proporre anche tecniche di stimolazione transcranica magnetica (TMS o rTMS) oppure a corrente diretta (tDCS). La TMS è un metodo non invasivo generalmente utilizzato per analizzare il funzionamento cerebrale;69 la rTMS (TMS ripetitiva) prevede la modulazione dell’attività neurale tramite impulsi indotti da un campo magnetico a sua volta generato da un coil applicato direttamente sullo scalpo, che è in grado di produrre cambiamenti mirati e permanenti nel tempo69 e la cui efficacia è stata inoltre provata per i disturbi depressivi.70 Questo metodo di intervento potrebbe essere efficace nel ridurre il craving, sintomatologia tipica dei disturbi da abuso di sostanze, ma anche caratteristica tipica dei giocatori d’azzardo patologici, per cui agendo sui quei circuiti di controllo cortico-limbico-striatiale e prefrontale ritenuti responsabili del craving71 si possono ristabilizzare le alterazioni responsabili dell’impulso a giocare. Tramite la stimolazione della corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra,72 si sono ottenuti anche miglioramenti relativi al contenimento del gioco e alla riduzione del consumo di cocaina. Sebbene studi controllati in doppio cieco siano sempre in corso d’opera, la stimolazione dell’area motoria presupplementare (Pre-SMA) (figura 4), chiave per il controllo cognitivo e responsabile dell’inibizione della risposta chiaramente alterata nei soggetti con disturbo da gioco d’azzardo, tramite protocollo Theta-Burst (cTBS) potrebbe portare ad un aumento del controllo inibitorio sul comportamento da gioco e una diminuzione dello stimolo al gioco.





La tDCS, invece, comporta l’uso di elettrodi che trasmettono deboli correnti in modo da favorire cambiamenti del potenziale di membrana neuronale,73 e vi sono già evidenze di una buona efficacia nella dipendenza,74 in quanto tali elettrodi agiscono sui circuiti di ricompensa alterati dall’uso della sostanza stessa. Infatti la stimolazione delle regioni prefrontali potrebbe mitigare i processi cognitivi legati alle decisioni relative al gioco d’azzardo,75 e i risultati sembrano promettenti per future indagini. L’ipotesi della fotobiomodulazione cerebrale (PBM), ossia l’uso di luci infrarosse già adottato in una vasta gamma di disturbi neurologici e psichiatrici, potrebbe essere applicabile ai disturbi da gioco d’azzardo in quanto ha mostrato risultati promettenti con il trattamento dell’abuso di oppioidi.76 In un nostro recente articolo si è evidenziata una possibile nuova terapia che utilizza il cannabidiolo77 e che ha mostrato buoni risultati in disturbi caratterizzati da impulsività cognitiva e motoria, come l’ADHD, ma anche nel ridurre il craving e i sintomi di astinenza di una sostanza; questa terapia si potrebbe applicare ai casi di disturbo da gioco d’azzardo in quanto va ad agire sui meccanismi alla base della perdita di controllo, tipicamente riscontrabile nei soggetti con un simile disturbo.

Data la situazione emergenziale in cui globalmente ci troviamo, sarebbero consigliabili programmi di prevenzione, specialmente per la popolazione adolescenziale. I programmi che mirano all’educazione, concentrandosi sui fattori individuali di rischio, hanno mostrato un effetto positivo nell’informare e correggere le idee erronee sul gioco,78 tuttavia non si hanno ancora evidenze conclusive che ne confermano l’efficacia.

Circa gli interventi appena descritti, in mancanza di un modello di connettività definitivo del disturbo, si è in attesa di ulteriori processi nel campo, per esempio ricorrendo all’elettroencefalografia breve. Bisogna comunque tenere presente la psicopatologia del singolo prendendo in analisi non solo il comportamento sociale del gioco d’azzardo, ma anche le componenti cognitive, legate all’impulsività, dei bias decisionali e le eventuali comorbilità con altri disturbi psichiatrici. Ogni valutazione deve essere approfondita per capire lo stile cognitivo del paziente che abbiamo di fronte, il suo controllo inibitorio e il profilo edonico.


altre dipendenze e covid-19

Abuso di sostanze

Il DSM-5 descrive il disturbo da uso di sostanze come un insieme di sintomi di natura cognitiva, comportamentale e fisiologica, dovuto al continuo uso di sostanza e laddove questa provochi significative compromissioni in tutti gli ambiti di vita dell’individuo.6 Gran parte delle sostanze, che siano alcolici, inalanti, allucinogeni o oppiacei, porta a cambiamenti nei circuiti cerebrali, principalmente per via del loro effetto sui sistemi di ricompensa, più o meno permanenti nel tempo, responsabili di tutti quei comportamenti tipici del disturbo come il craving e le ricadute.6

A livello globale, l’abuso di alcol è tra i disturbi più prevalenti, con una stima di 1104 milioni di casi nel 2016, seguito dagli oppiacei con 268, e infine dall’uso di cannabis con 221 milioni di casi.79 Spesso ha esordito in adolescenza, ma solitamente il picco, come anche le complicazioni per la salute fisica e mentale, del disturbo si ha in età adulta.80 I fattori di rischio alla base dell’esordio del disturbo appartengono generalmente a quattro domini: cultura di appartenenza, fattori interpersonali quali la famiglia e la rete sociale dei pari, fattori comportamentali come la tendenza alla ribellione, e infine fattori di vulnerabilità genetica.81 Per quanto concerne l’abuso di droghe, sono state identificate cinque categorie di fattori di rischio nella popolazione giovanile, tra i quali la famiglia è il fattore di rischio ritenuto più significativo, specialmente in caso di abusi fisici o perdita precoce di un genitore.82

Nonostante l’uso pregresso o la ricaduta nell’uso delle sostanze siano tra i più forti predittori dell’abuso, così come l’accessibilità in giovane età,83 è noto che anche lo stress, nelle sue varie forme, può giocare un ruolo importante, specialmente in individui già vulnerabili:84 stress generale di vita, eventi catastrofici, quali l’esposizione al terrorismo o altri disastri, la perdita di un lavoro possono condurre al consumo eccessivo o all’aumento di sostanze.85

Dall’inizio della pandemia sono già state registrate delle impennate sia di nuovi comportamenti di dipendenza sia di ricadute, ma anche un maggior tasso di casi di astinenza e decesso dovuti alla difficoltà di procurarsi le sostanze durante il lockdown. Negli Stati Uniti si è riscontrata una prevalenza del 13,3% di individui che hanno iniziato o anche aumentato l’uso di sostanze per gestire lo stress o le emozioni legate alla pandemia.86 Mentre in Canada, Duma et al.,87 tramite un sondaggio online, hanno riscontrato un aumento nell’uso di alcolici e di cannabis tra gli adolescenti, prevalentemente un uso solitario oppure online con i pari, ma, nonostante i divieti, una minoranza anche in presenza (23,6%). Questi dati sono preoccupanti, non solo l’uso in persona che aumenta il rischio di contrarre il Covid-19, ma specialmente l’uso solitario che è stato infatti associato a una peggiore salute mentale e una peggiore capacità di coping.87

Vi è una crescente preoccupazione per il consumo e l’abuso di alcolici. Già ad aprile 2020, in Polonia, più del 30% di un campione di soggetti ha cambiato le proprie abitudini relative al consumo di alcolici: il 14% di questa percentuale ha rivelato un aumento del consumo, associato alla pandemia e all’incapacità di far fronte psicologicamente alla situazione.88

Negli Stati Uniti, il 60% dei partecipanti a uno studio ha riferito di aver consumato un maggior numero di bevande alcoliche, per un maggior numero di giorni, principalmente per via dello stress o della noia, ma anche per una maggiore accessibilità agli alcolici.89 Questi risultati sono coerenti con quelli ottenuti da Barbosa et al.90 che hanno riscontrato un aumento di circa il 29% del consumo di alcolici dopo l’inizio della pandemia rispetto ai mesi precedenti, ed inoltre un aumento importante di binge drinking (21%).

L’abuso di sostanze non solo causa compromissione psicologica dell’individuo, ma ha inoltre ovvie ripercussioni sulla salute fisica. Gli individui che abusano di sostanze sono vulnerabili per le infezioni polmonari in quanto non solo possono soffrire di problematiche cardiopolmonari legate all’uso della sostanza, ma possono presentare disfunzioni mucociliari e compromissioni del sistema immunitario anche per comportamenti ritenuti a rischio, resistenza nel ricorrere a un supporto medico, o ancora per il mancato accesso a un sistema sanitario adeguato, oltre all’inclinazione a non rispettare tutte le norme di distanziamento e igieniche per limitare le infezioni.91 Covid-19 si presenta con un ampio spettro sintomatologico, prevalentemente caratterizzata da febbre, tosse secca, e in casi seri anche da grave insufficienza respiratoria.92 Le persone che abusano di sostanze sono ritenute non solo una popolazione a rischio per via della loro condizione preesistente di salute, che peggiora l’outcome in caso di contrazione del virus, ma anche come possibili vettori di contaminazione oltre che psicologicamente vulnerabili a ricadute a causa dell’incremento di emozioni negative per i drastici e drammatici cambiamenti dovuti alla pandemia.93 L’uso e l’abuso di sostanze non solo risultano un modo per gestire lo stress o una strategia di coping, ma anche un mezzo per affrontare l’ansia, anche quella legata alla pandemia Covid-19: preoccupazioni economiche e sociali, preoccupazione di contrarre la malattia, stress traumatico, o anche il bisogno costante di informarsi e ricevere rassicurazioni legate al virus.94 Non è solo la malattia in sé a destare ansia, ma anche l’informazione compulsiva su siti e social, e le manifestazioni di razzismo e xenofobia verso diverse comunità.91

Enns et al.95 propongono un interessante modello concettuale che riassume tutti i fattori che andrebbero considerati nell’analisi dell’uso e dell’abuso di sostanze in relazione alle conseguenze della pandemia, in modo da poter investire sulla prevenzione. Principalmente il modello offre una rappresentazione di cinque domini interconnessi che rendono la popolazione di individui che abusano di sostanze particolarmente vulnerabile: innanzitutto l’uso come mezzo di coping già discusso precedentemente, i cambiamenti relativi alla rete di supporto sociale dovuti principalmente alle limitazioni di assembramento, i cambiamenti in termini di accessibilità alla sostanza e alla sua disponibilità, l’aumentato rischio di trasmissione e di contrazione del virus e le maggiori complicazioni nel caso questi soggetti contraessero il virus.


L’uso patologico di internet, gaming e pornografia

L’uso patologico di internet, così come il gioco d’azzardo, rientra nelle dipendenze di tipo comportamentale e pertanto in assenza di una sostanza. Un elemento importante nella valutazione dell’uso di internet è che, essendo di uso comune quotidiano, è necessario saper identificare quando tale uso diventa eccessivo o patologico. Andrebbero pertanto identificate le componenti tipiche di ciò che si definisce ‘dipendenza’: l’uso compulsivo, l’astinenza o la tolleranza, oltre alla compromissione di determinati ambiti di vita. Prima della pandemia Covid-19 l’incidenza nella popolazione americana era stimata dall’1,5% al 8,2%,96 tuttavia, non essendo ancora stato inserito nel DSM-5, i criteri di diagnosi o i metodi di valutazione possono variare. Similarmente al gioco d’azzardo, diverse dipendenze comportamentali, come l’uso patologico di internet, si possono accentuare o possono avere inizio nel tentativo di ridurre lo stress, o sollevare l’umore, come strategia di coping. È facilmente immaginabile che, durante i lockdown nazionali, costringendo le persone a chiudersi in casa, o impostando anche il lavoro in modalità smartworking, si abbia un’acutizzazione dell’uso di internet, portando in alcuni casi all’eccesso. Se da un lato, internet si può dire sia stato una salvezza nel periodo pandemico, permettendo non solo di lavorare e studiare da casa, ma anche di svagarsi e di mantenere i contatti con le persone, dall’altro il suo uso può essere diventato appunto eccessivo o patologico, come nei settori del gaming, o nella pornografia, nel gioco d’azzardo online, social network e quant’altro.

Durante il picco della pandemia Covid-19, in Cina la dipendenza grave da internet è arrivata al 23%. E sempre in Cina, nella popolazione di bambini e adolescenti97 è stata riscontrata una prevalenza del 2,68% di uso patologico di internet e del 33,3% di uso problematico.98 In Taiwan, nel periodo dal 2 al 27 marzo 2020, la prevalenza dell’uso patologico di internet è stata del 24,4%: tra i fattori predittivi vi erano elevata impulsività, una ampia rete sociale online, e un maggior grado di sofferenza psicologica soggettiva.99 In Indonesia, invece, la percentuale è stata del 14,4%.100 In Kuwait e Arabia Saudita, si è riscontrata una correlazione fra solitudine, specialmente nella popolazione giovanile, e numero di ore trascorse online con almeno il 31,5% che ha utilizzato internet almeno 8 ore al giorno.101 Anche l’uso della pornografia è aumentato notevolmente. Uno dei siti più noti ha registrato un notevole incremento nell’uso, in più nazioni, e generalmente è stato riportato un aumento dal 4 al 24%.102

Infine, un ulteriore disturbo da prendere in considerazione è il gaming patologico. In questo caso tuttavia il DSM-5 ne definisce termini e criteri diagnostici: preoccupazione persistente per il gioco online, caratteristiche tipiche di una dipendenza quali astinenza, tolleranza, impossibilità di controllarne l’uso, perdita di interessi ed altri fattori che devono persistere per almeno 12 mesi.6 Vi sono evidenze per cui i meccanismi neurali alla base del disturbo da gaming siano anch’essi simili ai cambiamenti osservati in soggetti con disturbo da uso di sostanze, come la minor densità di materia bianca delle regioni responsabili del controllo degli impulsi e regolazione emotiva, e differenze volumetriche dello striato ventrale fondamentale per i meccanismi di ricompensa, e infine similitudini in relazione all’entità di dopamina rilasciata.103 Globalmente la sua incidenza si aggira attorno al 3,05%,104 tuttavia a seguito della pandemia la prevalenza ha raggiunto livelli preoccupanti. Per esempio in un campione di studenti universitari è stata dell’8,5%, prevalentemente per via dell’aumentato carico di stress.105

L’uso eccessivo e patologico di internet, il gaming patologico e il ricorso eccessivo alla pornografia sono tutte condizioni che andrebbero tenute sotto osservazione a seguito del periodo pandemico, e sulla base dei risultati precedentemente riportati, può essere opportuno adottare sistemi di salvaguardia e prevenzione. Kiràly et al.106 propongono delle linee guida utili per far fronte all’uso eccessivo di internet, e che potrebbero essere applicate anche per la gestione di eventuali lockdown in caso di future ondate di Covid-19, tra cui troviamo l’uso di una agenda giornaliera con le attività da fare durante la giornata, il mantenimento di un ciclo sonno-veglia regolare, la frequente attività fisica, l’implementazione di tecniche di rilassamento, ma anche il possibile godere di limitate attività sociali e del tempo a disposizione per sé e per la propria famiglia.


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