Prefazione
alberto siracusano1, alessandro rossi2
1. Cattedra di Psichiatria, Dipartimento di Medicina dei Sistemi,
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
2. Dipartimento di Scienze cliniche applicate e biotecnologiche,
Università degli Studi de L’Aquila


Nel 1934 il New England Journal of Medicine dedicava un articolo al futuro della psichiatria nelle scuole di medicina. L’autore, A. Warren Stearns, psichiatria del Carcere di Massachusetts noto per aver valutato due detenuti eccellenti, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, si chiedeva: “La psichiatria è una specialità medica? Se fosse così dovrebbe avere un posto preciso nel curriculum medico e dovrebbe essere ben insegnata”.1
A distanza di quasi un secolo, la domanda potrebbe apparire retorica e superata. Al contrario, in un articolo pubblicato ad ottobre 2017, la commissione WHO – Lancet Psychiatry ha sentito l’esigenza di ribadire che la psichiatria è una disciplina medica (“Psychiatry has always been a medical discipline”), definendo in maniera inequivocabile il contesto scientifico nel quale si sviluppa e al quale appartiene.2 Nell’arco di un secolo, si è passati dalle teorie della “alienazione mentale” o della “degenerazione”,3 da un’assistenza manicomiale ad una clinica psichiatrica moderna orientata verso una dimensione territoriale, comunitaria, dove gli interventi precoci non rappresentano una eccezione ma una buona pratica.
Nel 2012, Thomas Insel, allora Direttore del NIMH, in un saggio intitolato “The future of psychiatry”,4 aveva ipotizzato che il futuro della psichiatria sarebbe stato collegato allo sviluppo delle neuroscienze cliniche. I numerosi progressi tecnologici degli ultimi decenni hanno migliorato la nostra capacità di studiare il cervello e stimolato un rimodellamento della concettualizzazione dei disturbi mentali. Un approccio “neuroscientifico” tout court incontra però ancora numerose barriere culturali.5
La formulazione di una ipotesi diagnostica in psichiatria è il risultato di un ragionamento clinico complesso e non può ridursi solo all’identificazione di singoli criteri o di marker neurobiologici. Non si può prescindere dalle caratteristiche personologiche individuali, dal contesto sociale, familiare, dalla presenza di fattori di rischio e protettivi e dalla storia evolutiva di ogni soggetto6 per pianificare un progetto terapeutico, per poter scegliere i trattamenti appropriati e per migliorare l’aderenza alle cure.
Lungo questa traiettoria si va sviluppando la psichiatria di precisione, che nasce dal contributo convergente di diversi approcci e tecniche, come le scienze “omiche”, il neuroimaging, le banche dati e i ‘big data’, gli stili di vita, le comorbilità mediche, utili nell’identificare una serie di biomarcatori, elaborare diagnosi più accurate, endofenotipi, nonché interventi “tailored” per conseguire risultati terapeutici migliori.7 Le 4 P dello sviluppo della medicina (Predittiva, Preventiva, Personalizzata e Partecipativa) sembrano utilmente essere in linea con gli sforzi che la disciplina psichiatrica sta mettendo in campo.
Assistiamo oggi a un incontro tra le conoscenze provenienti dalle più attuali ricerche neuroscientifiche e quelle derivanti dall’assunto del rapporto gene-ambiente che hanno portato alla teorizzazione della mente relazionale. Il funzionamento mentale è la risultante della interazione emotivo-affettiva sia con le altre persone sia con l’“ambiente” inteso nel modo più ampio possibile, fin dalle prime fasi di vita, inclusa quella fetale.8
Oggi accanto ai fattori di rischio “tradizionali”, vengono riconosciuti fattori di rischio “emergenti” provenienti dall’uso delle nuove tecnologie, della comunicazione digitale, delle dipendenze dal mondo “virtuale”.
La vastità del fenomeno migratorio, le crescenti disuguaglianze sociali nella popolazione, i comportamenti di violenza interpersonale e assistita sottolineano l’importanza dello studio dei fattori traumatici,9 sociali e culturali.10 Sforzo dell’ICD-11 è quello di analizzare, all’interno di ciascun gruppo diagnostico, il ruolo delle influenze culturali sulle modalità di espressione psicopatologica (WHO).
Stiamo testimoni di un passaggio storico della psichiatria (“Psychiatry in the first quarter of the 21st century is at the cusp of major changes”).2 La tecnologia digitale propone strumenti e offre dati per lo sviluppo di nuovi servizi che consentono di potenziare e migliorare le cure per chi è portatore di una sofferenza mentale. Un esempio proviene dalle moderne tecniche applicate alla riabilitazione psichiatrica; si parla di “fenotipi digitali”, in grado di fornire dati obiettivi sullo stile di vita quotidiano, per sviluppare programmi personalizzati che consentano una maggiore integrazione e un migliore adattamento nel mondo reale (“how he/she functions in his/her world, not in our clinic”). 11 L’idea di “recovery”, il trovare il miglior funzionamento possibile nella vita di quella particolare persona, è diventato obiettivo primario delle nuove terapie integrate.
Tuttavia, numerose sono ancora le sfide da affrontare. La salute mentale ha bisogno di risorse e sostegno, piani politico-sanitari efficienti e realizzabili. Tutti noi sappiamo che il disturbo depressivo maggiore quanto prima diventerà la prima causa di disabilità al mondo.12,13 Il periodo di transizione tra l’età evolutiva e l’età adulta, la psichiatria di genere, le diverse fasi del ciclo della vita sono tutte criticità che richiedono l’intervento del sapere psichiatrico e psicopatologico per poter progettare programmi di prevenzione e cura a favore del benessere psichico e sociale.
Questo numero di Nooς inaugura una serie di tre volumi focalizzati sul futuro della psichiatria che anticipano la ricorrenza del venticinquennale della rivista che cadrà nel 2020. I diversi autori affronteranno temi di grande attualità e inateresse scientifico: i nuovi modelli e nuovi obiettivi della psichiatria (Maj), i nuovi interventi psico-riabilitativi (Fiorillo), i nuovi determinanti sociali della salute mentale (Siracusano), la sessualità e i fattori di rischio in adolescenza (Clerici), la psichiatria di precisione (Fagiolini).


BIBLIOGRAFIA
1. Warren Stearns A. The future of psychiatry in medical schools. N Engl J Med 1934; 211: 574-7.
2. Bhugra D, Tasman A, Pathare S, et al. The WPA-Lancet Psychiatry Commission on the Future of Psychiatry. Lancet Psychiatry 2017; 4: 775-818.
3. Berrios E. The history of mental symptoms: descriptive psychopathology since the Nineteenth Century. Cambridge: G. Cambridge University Press, 1996.
4. Insel T. The future of psychiatry (= Clinical Neuroscience) 2012 Apr 20; www.nimh.nih.gov/about/director/ 2012/the-future-of-psychiatry-clinical-neuroscience.shtml
5. Ross DA, Travis MJ, Arbuckle MR. The future of psychiatry as clinical neuroscience: why not now? JAMA Psychiatry 2015; 72: 413-4.
6. Maj M. Why the clinical utility of diagnostic categories in psychiatry is intrinsically limited and how we can use new approaches to complement them. World Psychiatry 2018; 17: 121-2.
7. Fernandes BS, Williams LM, Steiner J, Leboyer M, Carvalho AF, Berk M. The new field of ‘precision psychiatry’. BMC Med 2017; 15: 80.
8. Niolu C, Lisi G, Siracusano A. Trasmissioni transgenerazionali e transizioni. Nooς 2018; 24:153-61.
9. Rossi A, di Tommaso S, Stratta P, Riccardi I, Daneluzzo E. How much stress is needed to increase vulnerability to psychosis? A community assessment of psychic experiences (CAPE) evaluation 10 months after an earthquake in L’Aquila (Italy). Eur Arch Psychiatry Clin Neurosci 2012; 262: 265-8.
10. Siracusano A, Ribolsi M. La povertà vitale. Disugualianza e salute mentale. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2018.
11. Insel TR. Digital phenotyping: a global tool for psychiatry. World Psychiatry 2018; 17: 276-7.
12. Ormel J, Cuijpers P, Jorm AF, Schoevers R. Prevention of depression will only succeed when it is structurally embedded and targets big determinants. World Psychiatry 2019; 18: 111-2.
13. Siracusano A. Risalire in superficie. Conoscere e affrontare la Depressione. Milano: Mondadori, 2018.